Diagnosi e Inclusione

Abituati all’individualismo, ci meravigliamo dell’importanza del contesto e della relazione come organizzatori di sviluppo.

Assumere un ruolo diagnostico e/o riabilitativo centrato sulla medicalizzazione e dunque le disfunzioni individuali, spesso porta ad agire nella relazione l’espulsione della diversità, invece che trattare il “tema” del convivere entro una relazione con essa.

Riflettendo sulle differenze entro il contesto sociale, specie per chi le incarna entro posizioni di “potere debole”, come i malati mentali, i disabili, le donne, i minori, i migranti, gli anziani, i detenuti, in altri termini per tutte le categorie a rischio di emarginazione, si incontrano così due opposti significati della parola inclusione: da un lato, assimilazione delle diversità al noto, dall’altro, loro riconoscimento e integrazione.

Sempre più sovente, nella polverizzazione dei servizi pubblici, ad occuparsi della domanda di inclusione sono assegnati professionisti con un “ruolo debole”, nel senso di poco definito (si pensi agli insegnati di sostegno, agli assistenti specialisti, agli operatori per l’autonomia, agli educatori, agli amministratori di sostegno, ecc.). Questi tuttavia, possono lavorare per costruirsi una chiarezza di funzione. La funzione, infatti, non è una posizione che definisce l’identità di chi la assume; è un contributo fornito in vista di un obiettivo. La definizione degli obiettivi, del resto, richiede un continuo, condiviso lavoro di interpretazione delle finalità e della relazione tra quelle e ciò che sta accadendo, con particolare riguardo a ciò che succede tra organizzazione e clienti, per verificare l’andamento del processo organizzativo e correggere il tiro. Gli obiettivi vanno continuamente verificati attraverso un lavoro di conoscenza; tale verifica sostituisce il controllo, proprio dei compiti affidati al ruolo. Individuare obiettivi e agire in rapporto a essi, quindi assumere una funzione, è una competenza relazionale. Il riferimento agli obiettivi riorganizza relazioni confuse e dà senso al lavoro che si può fare a partire da ruoli indefiniti, che possono avvantaggiarsi di tale indefinitezza se si traduce in esplorazione di problemi. Assumere una funzione richiede competenze integrative, individuando le risorse presenti e restituendo senso alle relazioni che rischiano di smarrirlo.

L’allargamento della visione dalla persona con una menomazione a base organica, sia fisica che psichica, alle categorie di pensiero in cui l’handicap è l’emarginazione, chiama in causa competenze in grado di leggere le dinamiche della convivenza.

Di seguito alcuni lavori in cui lo Studio ha inteso svolgere una funzione integrativa entro i problemi di convivenza posti in rapporto alle persone cosiddette “diagnosticate” o più semplicemente emarginate a fronte di una loro diversità. 

 

 

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